Ogni singolo processo di ideazione da parte dei progettisti è un momento estremamente personale e ricco di sfumature.
Tutti hanno le loro piccole manie ed i propri rituali per arrivare a materializzare l’idea progettuale. In questo articolo, vorrei provare a raccontarvi quali sono gli 8 segreti degli architetti di successo.
Io ad esempio ma ho alcuni piccoli strumenti che utilizzo abitualmente ogni qual volta inizio un nuovo progetto.
La mia prima fedelissima amica è la matita: una micro-mina dal fusto leggero e con impugnatura gommata, caricata con una mina 0.5 dalla durezza media HB in modo da non avere un tratto troppo soffice, ne troppo duro.
Quella che uso ora è di un bel verde petrolio, molto riconoscibile e rigorosamente senza tappo di protezione per la gomma superiore, in modo da poter cancellare agevolmente in caso di ripensamenti.
Ne ho avute diverse nel tempo, molte cadute in battaglia, altre disperse durante le lunghe sessioni di progettazione in facoltà. Ora che ci rifletto molte di queste probabilmente sono ancora negli astucci di alcuni compagni universitari.
E’ proprio con questo tipo di matita in mano che solitamente inizio ogni disegno. Inizio eventualmente già in fase di ispezione del sito di progetto, scrivendo, prendendo appunti e disegnano in taccuino da disegno tascabile.
Solitamente porto con me, all’interno di un piccolo astuccio nero, un set di matite colorate o pennarelli colorati fondamentali in fase di schizzo. Color crema tenue, celeste, verde chiaro, grigio francese, giallo ocra e rosso, indispensabili per arricchire il lavoro, completando le linee degli schizzi e suggerire eventualmente un’ordine mentale agli schemi.
Fondamentale per me è anche l’utilizzo di pennini grafici dal diverso spessore, in modo da conferire più livelli al disegno.
Queste ovviamente sono le mie personali abitudini, non è una legge universale. So, però, che quando sono armato di questi strumenti le idee fluiranno più facilmente.
Vediamo quali sono i segreti degli architetti di successo
In ogni caso sono perfettamente cosciente del fatto che ogni architetto o progettista abbia abitudini prettamente individuali e particolari.
I principi che andrò ad esporvi qui di seguito però, sono esattamente gli 8 segreti, i fondamentali e gli aspetti comuni a tutti i processi di ideazione.
Sono principi che guidano gli architetti di successo durante la loro progettazione, te lo assicuro.
1 – Gli architetti di successo raccontano una storia
Ogni singolo ricordo, di un qualsiasi tipo di luogo che ci venga in mente è impresso nella nostra memoria perché è legato profondamente ad una storia particolare.
Una casa che racconta la storia di un cliente particolare, in un luogo specifico, in un momento ben determinato arricchisce l’esperienza e le dà una ragione d’essere.
E questa storia rimarrà nel tempo.
Agli studenti di architettura (ma purtroppo non a quelli di ingegneria) viene insegnato molto presto a concettualizzare i propri progetti. Vengono stimolati ogni volta a creare una vera e propria narrazione architettonica. Questo esercizio, appunto, porta a raccontare la storia di quel luogo e di quell’edificio.
Grazie a quest’esercizio, il progetto diviene frutto di tutta una serie di ragionamenti e deduzioni derivanti dall’attività di narrazione.
Questi ultimi, infatti, vanno a definire una vera e propria check-list di regole a cui eventualmente far riferimento quando ci si blocca nel flusso di ideazione. Questo trucchetto è fondamentale soprattutto quando ci si trova a chiedere “cosa farò dopo?”.
L’attività di narrazione organizza i nostri pensieri e ci guida nella giusta messa in pratica della progettazione.
La nostra narrazione può partire da qualcosa di specifico: ad esempio un albero amato da preservare, o qualcosa di più generale come ad esempio “tutte le stanze devono avere luce naturale”. Piccoli dettagli possono diventare la chiave narrativa di un progetto: un oggetto, una caratteristica, una sensazione.
Può emergere anche da una specifica richiesta del cliente, “niente bianco per favore”, o dalla forma del lotto da edificare. Inoltre è una pratica che può essere applicata a tutti i livelli e problemi di progettazione, anche per i piccoli lavori di ristrutturazione o decorazione.
Trovare l’idea guida più forte e creare una storia attorno ad essa, può giustificare ogni scelta progettuale con fermezza.
2 – Gli architetti di successo corrono dei rischi
Correre dei rischi per fare qualcosa fuori dall’ordinario è parte integrante di qualsiasi attività svolta in campo creativo.
Ripensa, reinventa, riorganizza ed escogita nuovi modi per fare la stessa vecchia cosa.

Ricorda solo che le leggi della fisica valgono tutt’ora, ma che la gravità può essere sfidata.
Questo però non vuol dire che tutto richieda innovazione o azioni coraggiose, ma guardare il problema con una lente diversa spesso rivela soluzioni interessanti che non si basano sulla pratica standard.
Uno dei miei progetti preferiti, ottimo per esprimere questo concetto di audacia nell’attività di progettazione, è il Ponte sul Basento, del grande Sergio Musmeci.
Ideato in un periodo storico nel quale la pratica comune degli strutturisti era legata a degli schemi rigidi, a telaio, dettati dalle regole matematiche che governano l’ingegneria civile.
Proprio attraverso la sua geniale visione, il progettista riuscì a forzare quelle comuni regole matematiche per plasmare una forma allo stesso tempo armoniosa e funzionale.
Una geometria talmente leggera e sinuosa che si stenta a capire come una semplice soletta di soli 30 centimetri, curva e in cemento armato, possa sorreggere un’intero impalcato.
Musmeci riuscì a connettere in maniera (concedetemi il termine) poetica lo sviluppo rettilineo ed inclinato del manto stradale al letto del fiume sottostante, sinuoso ed irregolare.
Grazie a quell’immane sforzo, sospeso tra immaginazione e pura tecnica costruttiva, Musmeci riuscì a fare il miracolo. Spinse più in là la logica strutturale.
Ha manipolato lo studio degli equilibri statici fino al punto di produrre una forma geometrica in grado di unire la prestazione strutturale ad una forte carica espressiva. Così facendo ha anticipato di decenni ambiti di progettazione come il form-finding e la morfogensi computazionale.
3 – Gli architetti di successo spaccano il capello in quattro
Alla fine dei conti l’architettura cerca di risolvere dei problemi di diversa natura, giusto?
Ma è il modo in cui siamo in grado di risolverli, la “poesia” che c’è dietro quella soluzione, che separa la buona soluzione dalla cattiva.
E’ possibile risolvere il problema della protezione alla caduta da una scala in diversi e molteplici modi.
Qui in basso il progettista però ha scelto un’espressione minimalista ed apparentemente semplicistica.
Dando uno sguardo più approfondito notiamo che il grigio dei sottili cavi d’acciaio inossidabile corrisponde quasi a quello del guscio in cemento armato che sorregge le rampe. Il loro fissaggio quasi scompare nelle colonne, anch’esse in acciaio e che delimitano l’esterno della scala fornendo supporto alle travi di profilo.

I dettagli sono fondamentali, perchè spesso sono quelli che vanno ad incidere maggiormente nella quotidianeità, nell’aspetto e nell’utilizzo della struttura.
Come nell’esempio qui di seguito.
Il motivo verticale della parete rivestita in legno si sposa perfettamente alla parete in cemento armato alla sua sinistra. Due materiali totalmente diversi, che però parlano la stessa lingua, ed insieme raccontano una storia che incanta i nostri occhi.
I dettagli sono il mezzo con cui tutti i componenti si uniscono per concretizzare l’ intera struttura.

4 – Gli architetti di successo semplificano
La capacità di semplificare sta nell’eliminare il superfluo, in modo che tutto il necessario possa esprimersi.
Troppo spesso lasciamo che la complessità funga da catalizzatore per l’interesse, ed è proprio questo l’errore più grande.
I progettisti, già dai primi anni di università, sono istruiti alla semplificazione dei loro progetti. Nella maggior parte delle situazioni, gli viene messo in discussione ogni singolo elemento e la sua effettiva necessità funzionale.
In alcuni elementi particolari, come il nodo strutturale qui a sotto, l’atto di “semplificare” può rendere più forte il design finale con le sue forme semplici.

Semplificare ha numerosi vantaggi. Solitamente degli elementi semplici costano anche di meno, sono più facili da costruire ed hanno un’aspetto molto più gradevole, esaltando la bellezza di una linea minimale.
In architettura spesso basta una tavolozza di due o tre materiali e variando ad esempio le loro finiture (lisci o ruvidi, lavorati o meno) ed il loro impiego, è possibile ottenere varietà senza inficiarne la complessità. Tagli semplici semplici o meno.
Finestre semplici: di un paio di dimensioni diverse, una per le grandi aperture, una per quelle piccole. Tutto il resto sta nel giocare con il ritmo delle facciate.
Lasciare i collegamenti tra i vari materiali a vista è anche una tecnica espressiva e di stile, senza considerare che i giunti nascosti sono generalmente più costosi e richiedono molto più tempo nella realizzazione.
5 – Stabiliscono l’ordine delle cose
I progettisti preferiscono, per loro indole, applicare i principi di “ordine” a tutto ciò che li circonda e ad ogni livello.
Naturalmente il bisogno di ordine richiede per forza di cose la definizione di una gerarchia.
Nella pratica comune significa che devi decidere qual è la cosa più importante e lasciare che le altre cose si rimettano ad essa.
Solitamente, quando mi approccio ad iniziare un nuovo progetto sono solito valutare tre cose principali:
- il sito, sia esso esistente o di nuova costruzione;
- il cliente;
- il budget a disposizione.
Il concetto generale è quello di lasciarsi guidare dall’elemento che conferisce l’attrazione più forte rispetto agli altri due, e da lì comincio a creare una narrazione attorno al punto di forza. E’ proprio in quel momento che inizia il concetto di “ordine”.
Da quel polo più forte di partenza, si fa partire la narrazione: un’elemento determinante del sito, una vista particolare, la topografia dell’area o altre strutture vicine più importanti.
Prima di decidere l’aspetto di un edificio dobbiamo pensare ad ordinare gli spazi all’interno del sito stesso. Bisogna partire da quello più accessibile e pubblico fino ad arrivare al più “privato” e decidere come arriveremo a quella sequenza e di come si svilupperanno gli spazi.
Per le ristrutturazioni il principio di “ordine” è dettato da ciò che manca alla struttura esistente: luce naturale, spazio, collegamenti con l’esterno ecc.
In alcuni progetti accademici, sono addirittura arrivato al punto di sviluppare una “regola” per stabilire dei moduli specifici, la griglia dei materiali, ed una vera e propria guida per aggiungere moduli alla struttura in futuro.
6 – Ripetere, ripetere, ripetere
La ripetizione in architettura è decisamente una cosa buona. Elementi tematici comuni ripetuti più e più volte aiutano a rafforzare la nostra precedente attitudine a stabilire un ordine alle cose.
Finestre, porte, colonne, travi, materiali fanno tutti parte dell’ordine naturale degli edifici.
La ripetizione non deve essere per foza considerata noiosa, ma piuttosto è una pratica che unifica il design.
La ripetizione di materiali, motivi, griglie e proporzioni stanno alla base dell’ordine. La regola cardinale della ripetizione infatti è che ci sia bisogno almeno tre volte dello stesso elemento per vederne il vero e proprio contributo.
In pratica: se due è buono, tre è ancora meglio.
La ripetizione non ha senso solo dal punto di vista stilistico ma anche economico, e fornisce un punto di riferimento non indifferente come sfondo alle scelte importanti che noi abbiamo deciso di adottare.
7 – Gli architetti di successo infrangono le regole
Apparentemente è un controsenso rispetto a quello definito fino ad ora, ma in realtà il prerequisito fondamentale per questa regola è proprio l’attitudine all’ordine definita prima.
Una volta che abbiamo un modello, un modulo ripetuto con una regola prestabilita, possiamo decidere di infrangere tale regola, imponendo una duplice funzione di valorizzazione a tale interruzione.
Immagina una serie di finestre tutte uguali. Tutte allineate su una griglia precisa ed ordinata: quell’unica finestra che andrà ad infrangere questo insieme di regole lo farà per un motivo molto molto importante e ben specifico. Ad esempio una vista su di una chioma di un albero, oppure uno scorcio in lontananza, oppure ancora per un’aspetto funzionale ben definito.
Con un ordine ripetivo e ben scandito a far da sfondo, tale violazione della regola garantisce all’elemento di interruzione un significato del tutto speciale, valorizzando al tempo stesso il suo contorno.
L’interruzione della regola inoltre ha anche funzione di dare bilanciamento alla ripetizione modulare, scongiurando la “noia” dell’osservatore e la monotonia alla sua vista.
8 – Gli architetti di successo coinvolgono le sensazioni
Mentre le straordinarie immagini di architettura che possiamo reperire online fanno prettamente appello al nostro senso della vista, la vera esperienza dell’architettura è in realtà molto molto diversa.
In quanto progettisti siamo tenuti a prensare a tutti i nostri sensi e al loro coinvolgimento durante le fai di progettazione.
Aprire una casa ad una vista particolare è molto importante tanto quanto proteggerla da rumori indesiderati, o dall’odore del fiume vicino nei periodi di secca, oppure dai pericoli del bosco nelle vicinanze.
I bravi progettisti devono saper cogliere la differenza di sensazione sotto i piedi fra un cemento freddo rispetto ad un legno caldo, oppure del suono della pioggia su di un tetto in metallo.
I bravi progettisti lavorano con i sensi, non solo con i materiali.
Pensare alla progettazione partendo da un livello più sensoriale, spesso rivela opportunità architettoniche che rendono la vita in una casa, o in un determinato posto, molto più piacevole.
In conclusione
I bravi progettisti non pensano solo ai costi, alla tecnica e al cantiere, ma pensano sia alla luce che all’ombra (come provo a fare anche io nei miei render), al movimento che compie il sole durante le ore del giorno. Si chiedono da dove provengono i venti dominanti con i suoi odori o i suoni di un quartiere urbano.
Soprattutto si domandano com’è possibile giocarci ed interagirci al fine di ottenere un Progetto degno di tale definizione, e con la “P” maiuscola.
E tu cosa ne pensi di queste tecniche? Le adotti nella pratica professionale?
Lascia un commento qui sotto, oppure contattami per dirmi ciò che pensi!
A presto,
Andrea.