Metaverso: è il futuro di 3D artist e architetti?

Il Metaverso sarà il futuro per 3D artist ed architetti? In questo articolo voglio raccontarti quello che secondo me accadrà a breve

La parola “Metaverso” è ormai sulla bocca di tutti.

Se ne sente parlare ovunque: su internet, al bar, ed in diversi contesti o situazioni.

Solitamente sento iniziare tali discorsi a partire da ragionamenti sulle singole parole, si parla di Metaverso, di realtà virtuale, di blockchain, NFT e tante altre “parolacce” di questo genere. 

 

Poi, lo step immediatamente successivo, solitamente è quello di parlare di paura del Metaverso e di tanti altri temi legati all’etica e alla morale. 

 

Ti è mai capitato di ritrovarti in discorsi di questo tipo?

Il tema è veramente mooolto ampio e dalle mille sfaccettature, ma la realtà di fondo secondo me è una, ed è molto più semplice: secondo me, questo “fermento” che stiamo vivendo, potrebbe essere l’inizio di una nuova era. Oppure, secondo alcuni, potrebbe essere una nuova bolla di sapone pronta a scoppiare da un momento all’altro.

 

Il concetto di Metaverso, secondo me, potrebbe attualmente essere visto come una nuova opportunità di sviluppo, un “game-changer” per la nostra percezione, per le nostre abitudini, e molto probabilmente cambierà l’uso delle piattaforme digitali da qui ai prossimi anni.

O forse no?

 

In quest’articolo voglio raccontarti un po’ quello che penso su questo tema, partendo da dei fatti concreti e documentati, col fine di provare a lasciarti qualche spunto di riflessione e sono certo che ti sarà d’aiuto.

 

Benché stia studiando questo fenomeno da ormai un paio d’anni, non posso negarti che alcuni dubbi li ho ancora con me, e rispondere alle domande che mi pongo non è così semplice vista la vastità del tema.

Perciò ho deciso di trascriverli in questo articolo. Il target è quello di fare un po’ di chiarezza con le mie idee e, nel caso, offrirti un punto di partenza per le tue considerazioni o studi futuri. 

 

Partiamo da un presupposto.

 

Tutto quello che attualmente fai nella realtà, può essere praticamente già replicato nel Metaverso. O per lo meno si sta già iniziando a farlo, anche se per ora non è possibile utilizzare tutti e 5 i sensi.

Trattandosi però di un’ opportunità per un nuovo modo di interpretare le esigenze (anche di mercato) del mondo che ci circonda, con la possibilità di sviluppare nuove tecnologie da zero oppure andando avanti con quelle poco esplorate, mi porta a pensare che gli architetti di oggi, con buone conoscenze digitali – ed un pizzico di follia in corpo – potrebbero essere in prima linea in questa avventura. O potrebbero ritrovarsi in questo scenario da qui a poco.

 

 

Ti spiego perché.

So I would say: join the Metaverse. Let’s create the metaverse

“Quindi direi: unitevi al metaverso. Creiamo il metaverso.”

 

Queste sono le esatte parole pronunciate in un’intervista da Patrik Schumaker.

 

Chi è?

 

È uno degli architetti di una delle firme più all’avanguardia del panorama architettonico moderno: lo studio di architettura Zaha Hadid. Uno degli studi di progettazione tra i miei preferiti. 

 

Il messaggio di Patrik Schumaker non lascia alcun dubbio, e non ci sono equivoci in ciò che intende: il Metaverso sarà il nuovo terreno di gioco degli architetti ed intende chiaramente farne parte.

 

Ed è proprio qui che nasce, però, una domanda molto importante: 

chi dobbiamo considerare come architetto nel Metaverso?

Cosa vorrà dire entrare a far parte, da architetto o designer o progettista, nel Metaverso?

 

 

La domanda non è affatto banale se ci pensi bene. 

 

Questo potrebbe essere il momento di inizio per la definizione di una “nuova figura”, che sarà molto differente dal tipo di professionista che intende l’immaginario collettivo attuale e che, molto probabilmente, andrà a stravolgere per sempre o impattare pesantemente in questa nuova frontiera tecnologica. 

 

Ed è a questa domanda che proverò a rispondere in questo articolo.

Perciò ti avverto: l’articolo sarà lungo e corposo. 

 

Siediti comodo e, se sei pronto, iniziamo subito.

Cos'è il metaverso?

Il concetto di Metaverso non è affatto una novità dei giorni nostri

 

Eh già, mi spiace deluderti.

 

È cambiata solo la concezione che abbiamo di questa parola, che in pratica è il termine attualmente più utilizzato per rispondere, in chiave moderna, ad un bisogno forse tra i più primordiali dell’essere umano: l’evasione dalla realtà

 

Non starò qui a discutere sull’etica né sulla questione, sta di fatto che il Metaverso, prende i connotati di una risposta ad un’esigenza ben precisa e che probabilmente è sempre esistita.  

 

È che ne stiamo prendendo coscienza solo ora.

Perché dico questo?

 

Semplice: quella del Metaverso è ormai una tematica sulla bocca di tutti, e racchiude tutto un’ ecosistema – soprattutto economico e tecnologico – in grado di impattare pesantemente sul mercato azionario, a tal punto che pronunciare – o twittare – tale parola fa letteralmente muovere le economie di mezzo mondo e aprire dibattiti enormi in TV.

 

In realtà, il concetto di Metaverso è stato concepito molto molto tempo fa

Probabilmente anche prima di quanto immagini.

 

L’idea originale è stata messa su carta per la prima volta, utilizzando il termine Metaverso, nell’ormai lontano 1992 da un autore americano di nome Neal Stephenson.

Il termine Metaverso, infatti, è stato utilizzato per la prima volta nel suo romanzo di fantascienza cyberpunk intitolato “Snow Crash“. 

In esso raccontava la storia particolare di un fattorino che consegnava le Pizze, ma allo stesso tempo collaborava con la mafia e si divertiva con l’hacking.

 

Nel caso volessi curiosare, cliccando qui troverai maggiori informazioni

L’accezione del concetto di Metaverso che viene fuori dal testo è apparentemente futuristica: Neal infatti lo rappresenta sotto un concetto di mondo digitale parallelo.

 

Poi, a conti fatti, sarebbe questa visione sarebbe realmente emersa e divenuta realtà di lì a breve.

 

Credo che neanche lui avesse potuto immaginare che di lì a poco questa sua visione sarebbe divenuta realtà…o forse sì?

 

Ti dico solo che dal 2014 Stephenson lavora per Magic Leap contribuendo alla vera costruzione del Metaverso, e nel suo libro aveva già parlato di concetti come avatar e cryptovalute

 

Quindi il dubbio effettivo mi resta.

La cosa che però spesso sfugge in rete, è che la sua era una trama distopica, e non utopistica. 

 

Per questo, bisogna tener bene a mente che la trama del libro è sviluppata su un concetto radicale ben più profondo: che la vita che sta vivendo il personaggio non è sufficientemente buona o in qualche modo incompleta, perciò ricerca una nuova via. 

 

E questo da un lato fa un pochino riflettere, e non in positivo. 

 

Ma andiamo avanti.

Ai giorni nostri il progetto del Metaverso, come ormai ben sappiamo, è tornato alla ribalta con Mark Zuckerberg ed il cambio di nome della sua società da Facebook a Meta. 

 

Però questo, al contrario di quel che si può pensare, non è un cambio di paradigma frutto di un capriccio o di “rogne” fiscali. Il progetto di Mark infatti parte ben prima.

 

Nel 2014 – nello stesso anno in cui Stephenson iniziò a lavorare per Magic Leap, per intenderci – Facebook si è mossa, con un investimento finanziario, con l’acquisto per oltre 2 milioni di dollari di Oculus, la compagnia che tra le prime interagì con la sfera della realtà virtuale, portando il primo vento di innovazione grazie ai suoi visori. (Fonte qui)

Già in quel periodo, infatti, si intuì che quella della realtà virtuale potesse essere una nuova frontiera di sviluppo e di investimento.

 

Per come la vedo io, questo fenomeno ha, alla base di tutto, il soddisfacimento di un’esigenza ben precisa: ossia rispondere al senso di insoddisfazione del presente e canalizzare quella sensazione in qualcosa di diverso e – si spera – migliorativo. 

 

Questa domanda nel mercato, se ci riflettiamo, è la stessa che ha spinto negli anni a creare alternative di vario genere: dal cercare nuove forme di interazione, nuove fonti di guadagno e molto altro. E ai concetti che ti sto nominando, ne troviamo riscontro in moltissimi fenomeni sul web.

 

Se ci pensi è più o meno la cosa che è accaduta all’inizio con internet.

Oggi internet è uno strumento ben noto, lo sappiamo usare praticamente tutti. 

 

Utilizzare risorse web è ormai un concetto banale, quasi scontato, come scambiare informazioni tramite connessioni di vario tipo, ma nel 1983, quando iniziò il suo sviluppo, non era affatto così. Ed anche allora si aveva paura per cosa avesse potuto comportare il suo utilizzo. 

 

 

L’utilizzo di internet era assolutamente limitato, oltre che lento, e veniva impiegato soprattutto per il trasferimento dati in ambito scientifico.

 

Tutto è poi drasticamente cambiato con l’avvento dei personal computer e, soprattutto, degli attuali smartphone o delle nostre amate workstation, rendendo internet un mondo assolutamente eccitante, e allo stesso tempo da utilizzare con cautela.

Ritengo che internet, di per sé, sia un’enorme passo per l’umanità, oltre che un grandioso pezzo di tecnologia nelle nostre mani, ma la vera discriminante morale che definisce il “giusto” o “sbagliato”, sta nelle nostre scelte e all’ utilizzo che facciamo di tali strumenti.

 

Internet, se ci pensi bene, ha aperto nuove frontiere in ambito educativo (ad esempio banalmente con Wikipedia o affini), ha sviluppato nuove forme di lavoro (come il nomadismo digitale) e allo stesso tempo ha aperto le porte a nuove forme di socialità e comunità, appunto con i social network, forum e blog come questo.

Ma quello che arriviamo a fare, come fine ultimo, con tale “potenza” di connessione, beh: dipende solo ed esclusivamente da noi.

 

Ed il Metaverso, secondo il mio modo di vedere, non sarà da meno. 

 

Ce ne sarebbe tanto da parlare sul tema, ma se vuoi ne discutiamo in un altro momento oppure, se ne hai voglia, in privato sui miei canali social.

Che forma ha il metaverso

Scolliamoci per un attimo dal discorso di Facebook e tutto il resto, e andiamo dritti alla sostanza della faccenda. 

 

La domanda successiva, per chi sta cercando di capire di cosa stiamo parlando, è: ma che forma ha questo Metaverso?

 

La risposta potremmo trovarla in altre esperienze avvenute storicamente qualche anno fa.

 

Mi riferisco ai primi anni del 2000. Per l’esattezza nel 2003 con Second Life.

Second Life è un gioco ispirato a Snow Crash, il romanzo che ti ho nominato poco fa, in cui i partecipanti hanno una vera e propria seconda vita in una realtà totalmente virtuale e parallela. 

 

Gli utenti di questa piattaforma possono esplorare paesaggi spettacolari, costruire castelli, foreste e astronavi, creare il proprio avatar con le sembianze che più desidera, oppure permette di incontrare nuove persone, fare acquisti e partecipare ad attività sociali

 

Come ti dicevo, questo progetto è stato lanciato nel 2003, è poi fallito a causa dei requisiti hardware, della mancanza di un’interfaccia intuitiva e di altri fattori. 

 

Infatti io stesso in quegli anni, per curiosità, provai ad interagire col mondo di Second Life, ma essendo poco più che adolescente e avendo una ridicola conoscenza dell’inglese, ti posso assolutamente confermare che la mia esperienza dal lato utente non è stata proprio il massimo. Quindi posso perfettamente capire perché sia andata a finire così.

Tuttavia, Philip Rosedale, il fondatore del mondo virtuale online Second Life di Linden Lab, è ritornato sul progetto come consulente strategico, in modo da aiutarlo nel lancio del Metaverso.

 

Nel tempo ci sono stati altri tentativi, come Roblox, ma anche loro si sono rivelati un fallimento.

 

Nel 2020 però, considerando i passi da gigante della tecnologia e anche la sorta di evoluzione culturale che c’è stata, Travis Scott (rapper statunitense) è riuscito ad organizzare probabilmente quello che è stato uno dei primi concerti virtuali realmente riusciti, su Fortnite.

 

Secondo i dati di Epic Games, l’evento ha visto la partecipazione (con un picco massimo) di ben 27.7 milioni di giocatori…per intenderci parliamo di 346 stadi di San Siro pieni zeppi.

Ma fermiamoci un secondo.

Perchè ti dico questo?

 

Perché Fortnite è partito come un “banale” gioco, ed è passato col diventare una realtà in grado di organizzare eventi da milioni e milioni di persone, e che partecipano in contemporanea da tutto il mondo. 

Siamo quindi passati da una piattaforma con le sembianze di un videogame, ad una realtà con un contenuto ancora più fluido, dinamico e molto più esperienziale.

 

 

E se fosse esattamente questa la declinazione da attribuire al concetto di “connessione sociale” quando si parla di Metaverso? 

 

E se fosse una porta che ci porta dritti a nuove esperienze sensoriali o comunitarie, con scenari ancora nuovi da esplorare?

 

Questa domanda ci porta dritta dritta al punto principale di questo articolo, oltre che al tema di fondo del mio blog.

Il ruolo dell'architettura

Poco fa ti ho citato un numero e fatto una domanda un po’ spinosa.

 

Ti ho parlato di un evento che avrebbe richiesto la costruzione di 346 stadi di San Siro, ed ho tirato in ballo il concetto di socialità.

 

Non sono forse questi i principali temi trattati dalla progettazione architettonica? 

 

Mi spiego meglio.

Da un lato abbiamo sollevato una problematica legata alla sfera tecnica e che si scontra a muso duro con la realtà. Dall’altra abbiamo aperto il dibattito sulla socialità e la questione esperienziale della faccenda.

 

Le domande che mi vengono a riguardo potrebbero essere:

 

  • sarebbe mai possibile, nella realtà, accogliere una mole così ampia di persone in un solo spazio? 
  • Che caratteristiche dovrebbe avere tale spazio architettonico? 
  • Come si progetta un edificio in grado di raccogliere 27 milioni di persone contemporaneamente?

Nel nostro mondo reale, e per sua natura finito, queste sarebbero sfide del tutto impossibili, oltre che impensabili. Caso mai potrebbe nascere una nuova serie su DMax a riguardo.

Ma tornando seri, analizzando la questione sotto questo aspetto, nel Metaverso, se ci pensiamo bene, le possibilità diventano praticamente infinite. 

 

La realtà fisica del problema svanisce del tutto, seguita dal concetto di prestazione meccanica, di materiale ad esempio. 

 

Si entra in un mondo fantastico come quello costruito da Ariadne in Inception, dove il concetto stesso di “regola” diventa labile.

 

Anche un concetto semplice ed ormai assodato come quello della gravità, può esser messo in discussione all’interno del Metaverso e aprire prospettive di analisi del tutto nuove.

Sul livello tecnico della progettazione, poi, ci sarebbero grossi spunti di riflessione: temi come i confini o i vincoli diventano molto più labili, aprendosi a nuove idee e percorsi di sperimentazione, come ad esempio nella sfera urbanistica.

 

Come progettisti, poi, siamo vincolati anche al concetto di tempo, di durata utile dell’edificio. Di solito ragioniamo nell’ordine di 50 anni o forse poco più, ma siamo ancorati anche al concetto di matericità, di tecnica, e spesso anche solo giocare e progettare attraverso la luce e le ombre diventa complesso o poco fattibile. 

 

Allo stesso tempo però, da progettisti abbiamo -culturalmente e parlando in generale- la sensibilità di analizzare e plasmare i progetti in base al contesto, in modo da interagire con esso. E questo potrebbe essere un vantaggio per noi.

 

Abbiamo la capacità intrinseca di capire il contesto stesso, di estrapolarne le risorse, pianificare l’esecuzione che spesso richiede anni di fatiche, persone e soldi.

Tutti questi aspetti, nel Metaverso, variano molto dall’ordinario o semplicemente svaniscono, oppure cambia quel senso, quel significato che ora attribuiamo loro.

 

Gli architetti nel Metaverso, chi progetta quegli spazi e quegli scenari, lavorano puramente sugli aspetti visivi dei progetti, sulle forme e sulla loro percezione. 

 

Concetti come normative, requisiti prestazionali, oppure ponti termici, tubature che perdono o impianti non ben dimensionati, semplicemente sono aspetti che non preoccupano più gli architetti del Metaverso, perché semplicemente non esistono.

 

Ma andiamo oltre, perché ora arrivo ad un punto molto importante.

Voglio ora farti un’altra domanda un po’ scomoda.

 

Gli architetti famosi che conosci, mediamente quanti anni hanno?

 

Pensaci bene: figure come Le Corbusier, Mies Van Der Rohe, Piano, Forest e via via tutti gli altri nel panorama architettonico, sono persone divenute famose ad una certa età. 

 

Perché?

 

Ovviamente ognuno di loro ha avuto una storia particolare, ma credo che il loro massimo livello di realizzazione avvenga perché nel mondo reale occorre davvero un sacco di tempo affinare la propria tecnica, trovare il proprio stile, e costruire un buon team di lavoro o, molto più banalmente, farsi conoscere sul mercato. 

 

D’altro canto parliamo comunque di un’industria che, nella migliore delle ipotesi, prevede tempi di costruzione e progettazione che si misurano nell’ordine degli anni. E quindi non potrebbe essere altrimenti.

Come ti dicevo, nel Metaverso tutto questo potrebbe cambiare: si potrebbe tranquillamente diventare architetti famosi a 18 anni, realizzando ad esempio scenari ed ambientazioni nell’intermezzo tra una lezione ed un’altra. 

 

Anche se, detta in maniera sincera, non credo ci siano moltissimi adolescenti che ad ora aspirano a divenire archistar nel Metaverso.

 

Però ad ogni modo credo che, per chi sia già ora architetto, o progettista, o designer nel mondo reale, non siano necessarie particolari conoscenze impossibili per diventare altrettanto nel Metaverso. 

 

Non ci sono skill impossibili da acquisire, ma questo passo richiede una cosa probabilmente molto più difficile: un cambio di prospettiva.

competenze ed opportunità

Arrivati a questo punto, capiamo bene che, trattandosi di un mondo completamente virtuale ed immateriale, la componente digitale sarà parte discriminante e fondamentale del tema. E fin quì dovremmo esserci arrivati tutti.

 

Perciò concetti come la modellazione 3D, oppure la creazione di contenuti virtuali e digitali saranno requisiti assolutamente prioritari nello sviluppo delle piattaforme del Metaverso.

 

D’altra parte, in questo blog tratto questi temi perché appunto li ritengo già fondamentali anche per la progettazione architettonica attuale. Quindi sono convinto che tutti i concetti applicabili nell’archviz o, più in generale, in ambito di CG saranno skill fondamentali in questo nuovo campo.. 

 

In parte credo che essi siano anche concetti ben noti ai più, e che quindi si troverebbero in una posizione di vantaggio nel caso di un’eventuale transizione verso questo nuovo modo di vedere l’architettura.

Nel caso in cui, invece, tu fossi solo agli inizi con la visualizzazione architettonica oppure hai intenzione di apprendere le basi, cliccando qui troverai qualcosa che farà davvero al caso tuo. 

 

La cosa fondamentale che però bisogna tenere a mente, secondo me, è la finalità del processo.

Allo stato attuale, nel mondo reale, la modellazione 3D, il rendering e l’archviz in generale, sono strumenti funzionali. 

 

Quello che faccio anche io con il mio lavoro e fondamentalmente creare una guida o una sorta di strumento di supporto alla progettazione. 

 

L’archviz, per come la intendo io, è parte del processo. Non il fine ultimo.

La differenza sostanziale col Metaverso, per come la penso, sta proprio qui: riducendo gli step del processo di creazione mantenendo ben fissi il punto di partenza (l’esigenza) ed il fine (la creazione dello spazio). 

 

Il processo di design, modellazione e rendering finalizzato al Metaverso, avrà anche una componente predominante diversa, rispetto alla funzionalità: la visione artistica. 

 

Sarà più semplice sperimentare soluzioni innovative, o proposte diverse da quelle realizzabili nella realtà.

 

Questo ci porta a considerare diversamente come progettiamo e come pensiamo i nostri edifici. Tirando in gioco la componente antropometrica, emotiva o sociale della progettazione, progettare edifici nel Metaverso certamente vorrà dire arrivare a soluzioni diverse da quelle possibili nel mondo reale.

Le città nel Metaverso potrebbero richiedere requisiti diversi, oppure gli edifici potrebbero essere pensati per uno scopo diverso da quelli richiesti nella realtà (vedi l’esempio dell’evento con milioni di persone tirato in gioco poco fa) e quindi diventerebbero necessari nuovi metodi per analizzare le esigenze di chi popola questi spazi.   

 

Dall’altra parte, una competenza che rimarrà immutata anche nel Metaverso, è quella di essere in grado di rispondere a delle necessità. Solo in modo diverso da come lo facciamo ora.

 

Gli utenti nel Metaverso, avranno comunque bisogno di luoghi e spazi dove interagire. E per forza di cose, architetti e designer saranno chiamati inevitabilmente a creare e migliorare tali spazi.

 

Il che diventerebbe un’ opportunità interessante per tutti noi.

Allo stesso tempo, però, cambierà drasticamente l’obiettivo dell’architettura, che non sarà più quella di offrire riparo o agevolare le attività della nostra quotidianità, ma sarà altro. Perché semplicemente cambieranno appunto le attività da svolgere.

 

E perciò, arriveremo ad avere una distinzione molto netta tra il titolo di architetto nel mondo reale, e quella del meta-architetto.

 

L’architetto del Metaverso, secondo me, dovrà essere in grado sì di occuparsi di modellazione 3D, ma dovrà anche essere in grado di fondere tali capacità con conoscenze professionali diverse, come l’UX design, la content creation, il design dei personaggi e perchè no, anche di gaming.

E questo porterà secondo me ad aprire nuove prospettive di lavoro ad un sacco di utenti, soprattutto giovani.

 

Altro aspetto interessante su cui riflettere, è il tema della conservazione dell’architettura. Molti edifici andati perduti nel tempo potrebbero tornare a “nuova vita” e quindi trovare nel Metaverso una giusta piattaforma in grado di preservare la storia stessa degli edifici, staccandosi da concetti come il tempo e lo spazio.

 

Questo potrebbe aprire, come ti ho anticipato all’inizio, nuove frontiere per un nuovo quadro esperienziale, come ad esempio nella didattica e nella formazione, portando insegnanti e studenti ad approcciarsi all’architettura storica con nuovi metodi e sotto chiavi di lettura sempre diverse.

In conclusione

Se hai letto tutto fin qui, beh…non posso che farti i miei complimenti. 

Abbiamo tirato in ballo diversi temi, ma arrivati a questo punto direi che è il momento di tirare le conclusioni.

 

Ho cercato di darti un quadro abbastanza generale su come la penso.

 

Trattando diverse tematiche, abbiamo visto come il Metaverso potrebbe diventare la nuova frontiera del cosiddetto web 3.0 e di come, allo stato attuale, potrebbe essere una vera e propria tela bianca per la progettazione architettonica o il design. 

 

Siamo partiti parlando dalla storia cyberpunk del pizza-pony raccontata nel romanzo visionario di Neal Stephenson, passando per i primi esperimenti di Metaverso nella storia, fino ad arrivare agli investimenti di Mark Zuckerberg.

Abbiamo visto come il Metaverso offra già nuove possibilità per gli architetti e 3D artist, grazie alla mancanza di vincoli fisici e dell’importanza di un cambio di prospettiva nei termini di progettazione.

 

In generale ho cercato di raccontarti come la penso sulla questione Metaverso, e di come designer, architetti e progettisti potrebbero trovarsi in prima linea nella costruzione di questo nuovo mondo ancora tutto da esplorare. 

 

Parlo di nuovo mondo perché verrebbero a crearsi nuovi cambi di prospettiva, offrendo ai creativi la possibilità sperimentare nuovi scenari e soluzioni grazie all’assenza dei vincoli di vario genere presenti nel mondo reale. 

 

Designer e architetti, come Zaha Hadid, già hanno fatto passi avanti in questo senso, mirando a dare sfogo alla loro personalità artistica e posizionarsi già a favore di nuove opportunità.

Oltre a soddisfare le esigenze dei designer e 3D artist, il Metaverso potrebbe svolgere un ruolo significativo nel diventare la prossima frontiera di espressione artistica, mixando competenze molto diverse tra loro, come l’UX design, oppure capacità di sviluppo in ambito gaming. 

 

Altro fatto da notare è che questo del Metaverso è oggettivamente un trend molto discusso ed in forte aumento, con l’arrivo di sempre più persone che utilizzano e si muovono negli spazi virtuali, e che quindi richiedono esigenze diverse. 

 

Il futuro meta-spazio sarà probabilmente un’ ambiente più semplice, intuitivo, immersivo e coinvolgente dei tentativi del passato come Second Life, nel quale gli architetti ed i 3D artist di oggi probabilmente saranno chiamati a rispondere ad esigenze nuove, e forse mai viste prima. 

 

Questo sicuramente avverrà grazie a nuove forme di lavoro e grazie a delle competenze trasversali, dove inevitabilmente l’immaginazione avrà un ruolo fondamentale, diventando vero e proprio paradiso per far esprimere l’estro delle anime più artiste.

 

Oppure scoppierà tutto come una bolla di sapone e queste rimarranno solamente fantasie e divagazioni di un semplice creativo speranzoso.

 

Tu invece cosa ne pensi?

Come sarà secondo te l’architetto nel Metaverso?   

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1 commento su “Metaverso: è il futuro di 3D artist e architetti?”

  1. Buongiorno Andrea,
    Ho trovato molto interessante il tuo articolo.
    Con il mio Studio di progettazione ci occupiamo anche di “costruire” ambienti 3D per eventi virtuali dedicati ai Brand che desiderano promuoversi on-line.
    Mi sapresti consigliare come e a chi proporre i nostri progetti per il Metaverso?
    Grazie e complimenti per il tuo lavoro.
    Enrico Fossati

    Rispondi

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